lunedì 28 dicembre 2009

3 - Il metodo Mike Buongiorno

Cap. 3



IL METODO MIKE BONGIORNO




Di tutte le cose sicure la più certa è il dubbio. È un aforisma di Bertolt Brecht, che eleva l’etica del dubbio al rango di virtù. Meno virtuoso è che il dubbio - nell’accezione svilita di “indecisione” - costituisca il capitolo
Conclusioni di una Relazione Tecnica, che è lo strumento con cui un consulente risponde in forma ufficiale a una domanda. Al quesito posto, una perizia ha tre risposte possibili: sì; no; oppure “allo stato dell’arte non è dato sapere”. È una precisazione lapalissiana, ma per la psicologa “giornalista” le cose non stanno così. O meglio, non stanno così da quando le è stato chiesto se la pratica del Reiki può essere nociva per un minore affetto da disturbi psichici. A questo punto ha fatto suo il metodo “Mike Bongiorno”, introducendo una nuova modalità di risposta: busta numero uno, numero due o numero tre?


Per comprendere questo innovativo principio, diamo uno sguardo alla perizia richiesta da un genitore in una causa di separazione, e firmata:





Si compone di 17 pagine, e qui partiamo bene: tante pagine fanno pensare a un’analisi approfondita, che fa da solida base a una risposta diligentemente argomentata. Con la dr.ssa Tinelli però, le sorprese sono frequenti e anche questa sua opera ci regalerà una risata.

La prima pagina è dedicata all’Introduzione, costituita da due elenchi: la lista delle relazioni cliniche sulla patologia del minore, e la lista dei certificati del livello di Reiki raggiunto dal coniuge seguace di questa disciplina. Ovviamente sono dati forniti da chi ha commissionato la perizia e che quindi già conosce. Anche per il Giudice l’elenco dei medici che hanno visitato il minore e l’elenco degli attestati del genitore sono informazioni superflue: se per un bambino con disturbi psichici il Reiki è nocivo, non importa quale livello il genitore abbia raggiunto o quale psichiatra abbia formulato la diagnosi. È nocivo e basta.

La seconda pagina reca il titolo
"Dati Personali", dove viene riportato, come dubitarne, il suo lungo e fantasioso curriculum. A parte il fatto che è falso, non si capisce quale pertinenza possa avere con l’incarico di formulare un parere sull’eventuale nocività del Reiki l’essere Iscritta all’Ordine dei Giornalisti. O essere il direttore responsabile della rivista Labyris. Dall’inutilità si passa al malaugurio con la citazione dell’articolo (mai pubblicato) Suicidi di massa” che ha un titolo francamente iettatorio. Va però apprezzata la modestia che la trattiene dal vantare la sua docenza in un corso per parrucchiere di un istituto privato.

Segue il capitolo "
Metodologia di analisi", questo sì un elemento necessario. Il titolo però è usato a sproposito: non si descrive alcuna metodologia, è solo l’elenco delle fonti utilizzate per la successiva descrizione del Reiki. L’elenco è composto di 19 voci che si portano via altre due pagine. Non mancano le perplessità nemmeno in merito a questa lista. Nove voci sono link a siti Internet, che hanno consentito un agevole “copia-incolla”. Però di questi 9 link solo 3 sono effettivamente utilizzati, gli altri sei stanno lì ma non se ne comprende il motivo. In compenso, nel capitolo seguente se ne incontreranno 4 che non compaiono in questa sorta di bibliografia travestita da Metodologia. Sono poi elencati un libro e due articoli tratti da riviste. Anche questi ultimi due non utilizzati nella perizia. Stessa sorte per le due schede tratte da Dossier Movimenti Religiosi Alternativi.

Rimangono infine:

  • un misterioso REIKI olistico, di cui mancano riferimenti e non si capisce se sia un trattato, il post di un forum o un gruppo rock;

  • i riferimenti a due lettere inviate dalla Tinelli all’Ordine degli Psicologi, di cui è difficile capirne l’utilità (se non in senso olistico);

  • infine l’item più bizzarro, prudentemente collocato per ultimo: Volantini pubblicitari del Sentiero Sacro.


Con i depliant pubblicitari in mano, possiamo tranquillamente saltare le 12 pagine del capitolo che descrive il Reiki. Sono 12 pagine di copia-incolla da pagine web, con informazioni dall’utilità piuttosto precaria: la
Storia del movimento, I Maestri fondatori, la Simbologia del Reiki. Ancora una volta, argomenti del tutto ininfluenti per stabilire se il Reiki sia nocivo o meno.

Colpo di scena: l’analisi è conclusa. Chiamata a fare una relazione tecnica, la criminologa docente per parrucchiere non scrive nulla che sia frutto della sua supposta competenza, ma si limita a riportare brani del tutto superflui trovati in Internet o su alcuni volantini pubblicitari.

Siamo quindi alle
Conclusioni, l’ultimo brevissimo capitolo (una pagina). Dovendo stabilire se il Reiki può essere nocivo per un minore affetto da disturbi psichici, la ponderata risposta del Perito e Consulente tecnico presso i Tribunali parte da questa considerazione (grassetto nell’originale):
    Di fronte ai dati disponibili, però, possiamo dire che si possono formulare tre ipotesi circa l’efficacia e il significato di questa tecnica-rito di guarigione:

    • Ipotesi scettica (in sintesi: il metodo non ha nessuna efficacia oggettiva)

    • Ipotesi benevola (in sintesi: se esistono degli effetti, lo si deve a forze sconosciute)

    • Ipotesi preoccupata (in sintesi: se esistono degli effetti, non si sa da cosa dipendano)”





Non lo sa! La terminologia usata è spassosa (sbalorditiva quella
Ipotesi preoccupata), ma tralasciando la stravaganza dei termini che ridicolizza la perizia, la dr.ssa Tinelli ci dice che non sa – maledetti musi gialli – se “sta diavoleria” è o no efficace. Così, non sapendo che pesci pigliare, offre un vantaggioso “Tre risposte al prezzo di una”. Si tratta di una realtà preoccupata: in una perizia sul Reiki da usare in un’aula di tribunale, l’esperta di sette sataniche dichiara di essere giornalista e presenta uno sketch umoristico che ne risalta l’incompetenza e la pochezza dialettica. In tribunale si è visto di tutto, ma pagare una perizia che formula un’ipotesi “preoccupata” deve essere stato un boccone amaro.

Prepariamoci ora a una discesa nel Maelström.

Partendo da queste tre ipotesi, la giornalista Grafologa e Mediatrice Familiare può formulare il suo giudizio finale. Si tratta di un Gran Finale, perché le cose non le andranno bene neppure qui. Naufragando in un vortice di coordinate e subordinate, riesce a scrivere l’esatto contrario di ciò che vuole esprimere. Vedere per credere:




Per capirci qualcosa, vediamo di sbrogliare l’intricato groviglio linguistico. Le frasi principali sono:

  1. sottoposto a simile trattamento

  2. il piccolo ***

  3. non avrebbe nessun giovamento

  4. potrebbe addirittura subire effetti psicologici negativi

  5. [perché] non comprenderebbe appieno

  6. [la] ritualistica simil esoterica


Con un tangibile senso di sollievo, adesso riusciamo a capirci qualcosa. Tradotta in italiano, la frase quindi diventa:
    "Sottoposto a simile trattamento, il piccolo *** non avrebbe giovamento e potrebbe subire effetti psicologici negativi, perché non comprenderebbe la ritualistica simil esoterica”

Che il giudizio sia valido o meno, qui non ci interessa. Ciò che importa è che questo potrebbe essere il significato del rebus lessicale: "con il Reiki il bambino non avrà benefici e potrebbe ricevere dei danni”. Ho usato il condizionale, "potrebbe", perché manca ancora una parte, la proposizione introduttiva
Detto questo non si ritiene affatto, che nega tutto il seguito, ossia gli enunciati non avrebbe nessun giovamento e potrebbe addirittura subire effetti psicologici negativi. E lo nega in modo deciso, con l’avverbio “affatto” usato come rafforzativo della negazione “non”. Traducendo quindi in italiano l’intera frase si ottiene:

    “Detto questo non si ritiene affatto che con il Reiki il bambino non avrà benefici e potrebbe riceverne dei danni

che significa:

    “Detto questo si ritiene che con il Reiki il bambino avrà dei benefici e non riceverà danni”

L’operato della ricercatrice tuttologa che abbiamo visto nelle pagine precedenti avrà suscitato ilarità. In questo caso, che coinvolge un minore particolarmente svantaggiato, il giudizio non può essere che molto più severo.